Siamo davanti ad una sentenza importante. La Corte di Giustizia, infatti, ha statuito che in relazione a benefici quali retribuzione o condizioni di lavoro, quali giorni di congedo, concessi in occasione della conclusione
dell'unione civile del matrimonio, le persone del medesimo sesso che,
non potendo contrarre matrimonio, stipulano un Pacs, si trovano in una
situazione analoga a quella delle coppie che si sposano.
martedì 24 dicembre 2013
Cass. Civ. n. 28230/2013 - adottabile il figlio del disabile se il genitore gli fa condurre una vita "inadeguata".
Con questa sentenza, la Corte di Cassazione ha stabilito che, in presenza di una situazione familiare tale da compromettere in modo irreversibile un armonico sviluppo psico-fisico del bambino, in relazione alla vita pregressa, caratteristiche fisiche e psicologiche nonchè alla sua età e grado potenziale di sviluppo, il minore può essere dichiarato in stato di adottabilità e pertanto affidato ai servizi sociali.
martedì 23 luglio 2013
Giurisprudenza: non sempre il tradimento può costituire un motivo valido per chiedere l'addebito della separazione (Cass. Civ. n. 16270/2013)
Lo ricorda la Corte di Cassazione facendo
notare come non sia scontato che il tradimento possa costituire
l'elemento che ha determinato il crac familiare. Nella sentenza n.
16270 del 2013 la Corte ricorda che il magistrato deve indagare sulle
cause reali della crisi matrimoniale e quindi sull'effettiva incidenza
del tradimento sulla crisi coniugale.
Come si legge in sentenza, il presupposto dell'addebito è rappresentato dal nesso causale che deve intercorrere tra la relazione dei doveri coniugali e la crisi dell'unione familiare. Tale nesso "va accertato verificando se la relazione extraconiugale, che di regola si presume causa efficiente di situazione di intollerabilità della convivenza, rappresentando violazione particolarmente grave, non risulti comunque priva di efficienza causale" essendo intervenuta in un contesto familiare già compromesso. Lo stesso discorso va fatto nel caso in cui nonostante il tradimento la coppia ne ha superato le conseguenze recuperando un rapporto armonico.
La Corte ricorda infine che, nel caso in cui a fronte di una condotta contraria ai doveri coniugali, alla volontà di riconciliazione non corrisponde un positivo riscontro da parte dell'altro coniuge, al quale viene attribuito il comportamento determinante la crisi, ed anzi si dà luogo a una maggiore ostentazione della relazione adulterina, appare evidente che si verifica la persistenza tanto della situazione di crisi, quanto di quella condotta, aggravata da un ulteriore elemento, che alla intollerabilità della convivenza si ritiene abbia dato luogo.
Nella fase di merito, la Corte d'appello aveva ritenuto che la mera inosservanza da parte della moglie dell'obbligo di fedeltà coniugale "non avesse determinato crisi irreversibile del rapporto coniugale", in quanto il marito in sede di audizione all'udienza presidenziale, aveva dichiarato di essere disposto a conciliarsi con la moglie nonostante la stessa avesse un amante da circa otto mesi.
Secondo la Cassazione "se da un lato appare corretto orientare l'indagine nel senso di verificare se l'infedeltà della moglie ebbe effettiva incidenza causale sulla crisi del matrimonio, non va omesso di considerare che una generica affermazione di volontà riconciliativa, la quale di per sé non elide la gravità del vulnus subito, e che, in ogni caso, costituisce un posterius rispetto alla proposizione della domanda di separazione, con richiesta di addebito, proprio per aver scoperto l'adulterio, in tanto può assumere valore in quanto determini un effettivo ristabilimento dell'armonia coniugale".
Come si legge in sentenza, il presupposto dell'addebito è rappresentato dal nesso causale che deve intercorrere tra la relazione dei doveri coniugali e la crisi dell'unione familiare. Tale nesso "va accertato verificando se la relazione extraconiugale, che di regola si presume causa efficiente di situazione di intollerabilità della convivenza, rappresentando violazione particolarmente grave, non risulti comunque priva di efficienza causale" essendo intervenuta in un contesto familiare già compromesso. Lo stesso discorso va fatto nel caso in cui nonostante il tradimento la coppia ne ha superato le conseguenze recuperando un rapporto armonico.
La Corte ricorda infine che, nel caso in cui a fronte di una condotta contraria ai doveri coniugali, alla volontà di riconciliazione non corrisponde un positivo riscontro da parte dell'altro coniuge, al quale viene attribuito il comportamento determinante la crisi, ed anzi si dà luogo a una maggiore ostentazione della relazione adulterina, appare evidente che si verifica la persistenza tanto della situazione di crisi, quanto di quella condotta, aggravata da un ulteriore elemento, che alla intollerabilità della convivenza si ritiene abbia dato luogo.
Nella fase di merito, la Corte d'appello aveva ritenuto che la mera inosservanza da parte della moglie dell'obbligo di fedeltà coniugale "non avesse determinato crisi irreversibile del rapporto coniugale", in quanto il marito in sede di audizione all'udienza presidenziale, aveva dichiarato di essere disposto a conciliarsi con la moglie nonostante la stessa avesse un amante da circa otto mesi.
Secondo la Cassazione "se da un lato appare corretto orientare l'indagine nel senso di verificare se l'infedeltà della moglie ebbe effettiva incidenza causale sulla crisi del matrimonio, non va omesso di considerare che una generica affermazione di volontà riconciliativa, la quale di per sé non elide la gravità del vulnus subito, e che, in ogni caso, costituisce un posterius rispetto alla proposizione della domanda di separazione, con richiesta di addebito, proprio per aver scoperto l'adulterio, in tanto può assumere valore in quanto determini un effettivo ristabilimento dell'armonia coniugale".
Fonte: (StudioCataldi.it)
mercoledì 3 luglio 2013
Giurisprudenza – Comportamento immediatamente successivo alla separazione può costare l’addebito (Cass. Civ. 10719/2013)
Ai fini dell’addebito conta anche il comportamento che il coniuge tiene
subito dopo aver cessato la convivenza qualora costituisca una conferma dei
“sospetti del passato”. Lo ha stabilito la Corte di cassazione, con la sentenza
10719/2013, rigettando il ricorso di una moglie su cui gravava la dichiarazione
di addebito per essersi allontanata dal tetto coniugale insieme ai figli per
diversi mesi senza dare alcuna notizia.
Secondo i giudici l’allontanamento unilaterale e non temporaneo dalla
casa coniugale unitamente ai figli minori deve essere ritenuto “una grave
violazione dei doveri coniugali e familiari”. Del resto, “l’allontanamento dei
minori, dall’altro genitore si è protratta per un non modesto periodo di tempo
ed è stato realizzato anche in violazione dei provvedimenti assunti nel corso
del procedimento separativo”.
“Tale complessiva condotta - argomenta la Cassazione - caratterizzata
dall’ingiustificate imposizione unilaterale di una condizione di lontananza
dell’altro genitore dai figli minori, iniziata prima della notifica del ricorso
separativo e protrattasi anche dopo tale adempimento processuale è ampiamente
valutabile ai fini dell’addebito, anche dopo l’effettiva instaurazione del
contraddittorio in quanto […] anche il comportamento tenuto dal coniuge
successivamente al venir meno della convivenza, ma in tempi immediatamente
prossimi a detta cessazione può rilevare ai finì della dichiarazione di
addebito della separazione allorché costituisca una conferma del passato e
concorre ad illuminare sulla condotta pregressa”.
Giurisprudenza - La dichiarazione di addebito invalida il precedente accordo patrimoniale tra i coniugi (Cass. Civ. 10718/2013)
Il patto siglato tra i coniugi al termine di un periodo di crisi
matrimoniale per regolare i loro rapporti economici non può essere considerato
vincolante in sede di separazione nel caso in cui si sia in presenza di una
dichiarazione di addebito. Lo ha stabilito la Corte di cassazione, spiegando
che “la dichiarazione di addebito e le conseguenze patrimoniali ad esse ex
lege riconducibili (articolo 156, primo e terzo comma Cc) inducono ad
escluderne radicalmente la vincolatività”.
Giurisprudenza - Accudisce il fratello per 40 anni, ha diritto agli alimenti (Cass. Civ. n. 15397/2013)
Con la sentenza in esame la Corte di Cassazione ha
riconosciuto il diritto agli alimenti richiesti da una donna al proprio
fratello accudito per oltre quaranta anni. La donna, lamentando lo stato di
bisogno causato anche da un’invalidità al 60%, ha visto riconoscere le proprie
pretese nei confronti del fratello accudito durante il lungo periodo.
lunedì 1 luglio 2013
Giurisprudenza - Separazione: la conoscenza del "tradimento" non giustifica l'addebito (Cass. Civ. sent. n. 16270/2013)
"Non può essere inflitta la separazione con addebito alla moglie quando
il marito era a conoscenza dei tradimenti del coniuge senza che questo
però fosse stato considerato con sicurezza l’elemento di rottura del
matrimonio". Secondo la Cassazione, infatti, se "da un lato appare corretto orientare
l’indagine nel senso di verificare se l'infedeltà della moglie ebbe
effettiva incidenza causale sulla crisi del matrimonio, non va omesso di
considerare che una generica affermazione di volontà riconciliativa, la
quale di per sé non elide la gravità del vulnus subito, e che, in ogni
caso, costituisce un posterius rispetto alla proposizione della domanda
di separazione, con richiesta di addebito, proprio per aver scoperto
l’adulterio, in tanto può assumere valore in quanto determini un
effettivo ristabilimento dell’armonia coniugale"
Giurisprudenza - La breve durata del matrimonio non fa scattare l'assegno di divorzio in favore del coniuge che guadagna meno (Trib. Roma sent. n. n. 6421/2013)
"Il tempo limitato della convivenza non consente di stabilire il tenore
di vita goduto. Irrilevante la sclerosi multipla del richiedente. Il
coniuge che guadagna meno non ha diritto all'assegno di divorzio se la
convivenza è durata solo qualche mese. In questi casi, infatti, non è
possibile stabilire con certezza il tenore di vita goduto dalla coppia
in costanza di matrimonio. Non solo. Il coniuge richiedente non ha
diritto all'assegno neppure in caso di sclerosi multipla, se la malattia
non lo rende inabile al lavoro".
mercoledì 26 giugno 2013
Giurisprudenza - Per il coniuge che non versa l’assegno di divorzio la misura della reclusione è alternativa alla multa (Cass. Sez. Un. Pen. n. 23866/2013)
"Il generico rinvio quoad poenam all’articolo
570 del Cp, operato dall’articolo 12-sexies della legge n. 898 del
1970, che punisce l’inadempimento del coniuge all’obbligo di corresponsione
dell’assegno divorzile, deve intendersi riferito alle pene alternative previste dal comma 1 della disposizione codicistica".
Giurisprudenza - Il termine per poter disconoscere la paternità decorre sempre dalla conoscenza dell’adulterio (Cass. Civ. n. 13638/2013)
"In tema di azione di disconoscimento di paternità, il termine
annuale di decadenza entro il quale va introdotto da parte del padre il giudizio, ai sensi dell’articolo 235, comma 1, n. 3, del Cc e
articolo 244, comma 2, del Cc come emendato dalla sentenza della Corte costituzionale n. 134 del 1985, decorre dalla data di
acquisizione della conoscenza dell’adulterio della moglie e non da quella di raggiunta certezza negativa della paternità biologica. È
manifestamente infondata, in riferimento agli articoli 2 e 29 della Costituzione la questione di legittimità costituzionale
dell’articolo 244 del Cc, nella parte in cui prevede un termine decadenziale per la proposizione dell’azione di disconoscimento della
paternità in quanto è del tutto coerente con i principi costituzionali la possibilità che il legislatore ordinario preveda limitazioni nei
confronti di detta azione, con riferimento sia ai casi in cui l’azione può essere esercitata, sia ai tempi della medesima".
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